Lo decide il mio sangue🩸
Che cosa hai piccola mia? Che cosa ti manca? Cosa posso fare per te? In che fase del sangue siamo? Queste sono le domande che mi faccio quando non so cosa ho. Non è detto che poi possa trovare una soluzione o sentirmi meglio. Ma il fatto di ascoltarmi e riagganciarmi alla fase del ciclo in cui mi trovo è una delle scoperte più importanti della mia vita. Davvero. Io penso che insieme alle grandi meraviglie del cervello umano si dovrebbe insegnare la consapevolezza mestruale. Quando non avevo ancora il sangue lo volevo, come un prete vuole vedere sciogliere il sangue, come un prestigiatore impara a tirare fuori il coniglio dal cappello. Magia! Sanguino dalle gambe. Anche io. C’era anche il fatto di sanguinare come segno di femminilità . E sono molto felice di essere una delle poche donne che conosco ad amare il proprio sangue, a volerlo sempre toccare, a immergere le dita nella vagina per vedere com’è, a odorarlo, a osservarlo e spesso ad assaggiarlo. Ha un sapore che mi ha sempre convinto. È succo del mese precedente, è scarto ed è nutrimento al tempo stesso. Lo trovo affascinante e misterioso. Insomma, per me potete tenervi tutti i tamponi, mutandine assorbenti e perfino le coppette, che sembrano essere il santo Graal delle più alternative ma che io proprio non riesco a infilarmi nel canale vaginale quando scende il sangue. Quando scende non sale niente. Io benedico il mondo macchiando sedie, lenzuola, asciugamani.
Mi sono trovata a sanguinare nelle situazioni più difficili, soprattutto quando si trattava di lavoro, una cosa a cui faccio fatica a dire di no. Ma ho imparato a conviverci con una certa naturalezza, convivendo con il fatto che il mondo ha tutto il diritto di non viverlo con il mio stesso agio. Non impongo il mio sangue agli altri, né penso sia la risposta a tutto, per tutti. Per me lo è.
Sono certa però che l’odore del mio sangue si senta, è intenso. E mi dispiace per le persone che lo trovano forte o nauseabondo. È l’odore di questo mondo e della sua scelta di essere ciclico. Perché il mio sangue questo mi ha insegnato: che si muore e si rinasce. Ed è sempre così, che ci piaccia o meno. È la regola.
Io credo provenga da questo lo schifo degli uomini per il sangue mestruale. È un omicidio plateale, è prove generali per la morte. Loro nel momento del massimo piacere fiottano seme dal pene. La loro direzione è tutta in crescita, tutta in avanti. La nostra, di chi ha un utero, è un eterno ritorno allo stesso punto. È restare ferme e far maturare le idee. Attendere un poco. Poi far morire il progetto, se non arriva qualcosa che lo fecondi.
Per tanti anni ho vissuto con un ciclo mestruale che faceva deviazioni di mesi, si distraeva, si dimenticava, era lontano da me. O io ero lontana da lui, dipende come la si vede.
Poi grazie a un’amica che ha cominciato a parlarne in modo ossessivo, sono stata contagiata dalla mestrualità . Ho cominciato a osservare che effettivamente c’era un respiro nel mio corpo che si apriva e si chiudeva, in base al sangue. C’erano gli indizi chiari di qualcosa dentro il mio organismo su cui io non ho controllo. Ho imparato a non volerlo, ma a mettermi al servizio di questo qualcosa che mi possiede e mi regola. Il ciclo ha cominciato a tornare e ogni volta mi sembra un miracolo. È come darsi un appuntamento e l’altro si presenta, nel giorno giusto, all’ora giusta. Nel posto giusto. Così potete chiacchierare, scambiarvi le impressioni dell’ultimo mese. Il mestruo è il confidente ideale per me, non dice bugie, me la dice dritte, mi fa notare dove posso prendermi cura delle cose, con più amore. Con più fiducia. Come dosare le energie. Se ho goduto o provato gioia abbastanza nel mese precedente. Se ho mangiato. Se ho dormito. Il mestruo ha preso appunti su ogni singolo risveglio, ogni parola pronunciata, ogni sì che doveva essere un no, ogni pausa mancata, ogni desiderio irrisolto. Quello è l’appuntamento. Non ce ne sono tanti. Uno al mese. Ma quello serve.